A Marchionne dà fastidio la concorrenza e se la prende con Volkswagen

GIOVANNI BIRINDELLI, 29 July 2012

(Original publication: L’Indipendenza)

Hayek diceva che la concorrenza è un processo di scoperta, come la sperimentazione per la scienza. La concorrenza è il processo che porta a scoprire i vincitori e i vinti, gli effettivi costi di produzione, i prezzi a cui effettivamente si riescono a collocare i prodotti o servizi, l’effettiva domanda per questi prodotti o servizi, eccetera. Il successo della Apple, il prezzo dell’iPhone, il suo costo di produzione, l’effettiva domanda per quel prodotto, non potevano essere saputi prima, ma solo dopo (Steve Jobs lo aveva capito e infatti non faceva studi di mercato; e che Steve Jobs diventasse Steve Jobs lo si poteva sapere solo dopo il successo della Apple, non prima).

I nemici della concorrenza, e quindi del libero mercato, e quindi della rule of law (della sovranità della legge intesa come principio astratto) si riconoscono anche dal fatto che quando i risultati della concorrenza non sono loro graditi perché portano alla luce la loro inferiorità (assoluta o relativa), essi invocano la coercizione dello stato (o del sovrastato) per correggerli: cioè invocano l’abolizione della concorrenza (di quel poco che oggi ne rimane) come un bambino che quando perde chiede alla mamma di intervenire per correggere il risultato.

Ecco, quando Marchionne, dopo aver dichiarato sull’International Herald Tribune che la politica dei prezzi in Europa di Volkswagen «è un bagno di sangue per i prezzi, è un bagno di sangue per i margini», ha affermato che la Comunità Europea «dovrebbe coordinare una razionalizzazione del settore», ha dimostrato di essere una di queste persone. Questa “razionalizzazione” implicherebbe necessariamente la sostituzione di quel poco che ancora rimane dell’ordine spontaneo del mercato con l’ordine razionale e cioè un ulteriore passo in avanti verso la trasformazione dell’economia di un paese in un’organizzazione (o, come direbbe Hayek, di una catallassi in un’economia). Se per produrre automobili l’organizzazione è il modo migliore in quanto riesce a utilizzare la conoscenza necessaria (la quale è concentrata in poche persone), la trasformazione dell’economia di un paese in organizzazione (che la “razionalizzazione” auspicata da Marchionne implicherebbe) sarebbe (è) devastante su un piano economico in quanto non consentirebbe di utilizzare la conoscenza dispersa capillarmente fra le persone, per esempio per la formazione dei prezzi: infatti i ‘prezzi’ auspicati da Marchionne non sarebbero più prezzi (un prezzo è tale se è il risultato della concorrenza intesa come processo di scoperta) ma decisioni arbitrarie; e togliere i prezzi all’economia è come togliere il senso dell’orientamento a una persona: essa andrà a sbattere continuamente e non riuscirà ad andare da nessuna parte (non riuscirà a crescere).

Come dice Mises, «Il problema fondamentale del socialismo è un problema di calcolo economico […] [Senza prezzi] diventa impossibile per i managers di una comunità socialista fare calcoli. […] [Essi] sarebbero in una posizione simile a quella del capitano di una nave che debba attraversare l’oceano con le stelle coperte dalla nebbia e senza l’aiuto di una bussola o di altro strumento per l’orientamento nautico». Questa posizione di Marchionne è solo la punta più evidente di una cultura favorevole alla distruzione su larga scala dei prezzi oggi molto diffusa: basti pensare alla fissazione del tasso di interesse da parte delle banche centrali, alla fissazione della durata degli affitti da parte dello stato, alla fissazione degli sconti per i libri, alla redistribuzione delle risorse, eccetera. Uno degli aspetti peggiori di questa posizione è che essa oggi può essere tradotta in realtà senza ostacoli: infatti l’unica cosa che sarebbe in grado di impedire che essa sia tradotta in realtà sarebbe la legge (intesa nel suo senso originario di principio astratto e quindi di limite al potere arbitrario).

Oggi tuttavia la legge è stata sostituita dalla ‘legge’ intesa come decisione particolare da parte di un potere politico illimitato (intesa cioè come strumento di potere arbitrario) e quindi non c’è limite non arbitrario alla distruzione dei prezzi. I nemici della concorrenza, e quindi della libertà, non sono soltanto i socialisti ma anche certi sedicenti ‘capitalisti’. Come dice Pascal Salin in Revenir au capitalisme  «Sfortunatamente, il mondo moderno … non è più un mondo capitalista – e quindi fondato sulla responsabilità individuale; siamo in uno pseudo-capitalismo, un capitalismo senza capitalisti, o, quanto meno, un capitalismo con pochi capitalisti».

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