GIOVANNI BIRINDELLI (10.01.2013)
(Original publication: L’Indipendenza, Movimento Libertario, qui con errata corrige)
Nichi Vendola (“i super-ricchi devono andare al diavolo”), non di più e non di meno di tutti coloro che ritengono che la progressività fiscale sia compatibile con l’uguaglianza davanti alla legge e quindi non di più e non di meno di tutti coloro che onorano la costituzione italiana, è a favore dell’idea di uguaglianza davanti alla legge che è stata alla base dell’olocausto, delle “leggi” razziali, del “Lodo Alfano”, e che oggi è alla base per esempio dei privilegi della cosiddetta “Casta” e di molte delle norme che discriminano gli omosessuali.
Questa idea di “uguaglianza” davanti alla “legge” è quella che può includere la disuguaglianza legale la quale dà all’autorità il potere di fissare un parametro arbitrario (la razza, il livello di carica pubblica ricoperta, il livello di reddito, le preferenze sessuali); quello di dividere i cittadini classificandoli secondo categorie formate sulla base di questo parametro; e infine quello di trattare in modo diverso le persone che l’autorità stessa ha raggruppato in diverse categorie, e in modo uguale le persone che sono state raggruppate nella stessa categoria.
Il fatto che Nichi Vendola, così come tutti coloro che sono a favore della progressività fiscale su una base di principio (o che non la combattono nella loro attività politica), sia contrario all’olocausto, alle leggi razziali, al “Lodo Alfano” e alle norme che discriminano gli omosessuali, non deve stupire. Come ha intuito Michael Oakeshott, il tratto distintivo dello Stato moderno è che in esso le persone (non solo coloro che detengono il potere politico ma anche e soprattutto i cittadini comuni, gli elettori) generalmente adottano idee di uguaglianza davanti alla legge (per esempio) diverse a seconda dei casi, a seconda di ciò che fa loro comodo nei diversi casi particolari o a seconda di ciò che è in linea con le loro passioni.
La progressività fiscale ha lo scopo di ridurre, mediante la coercizione statale, la disuguaglianza nelle situazioni economiche delle persone. Poiché la maggioranza delle persone (chissà perché) identifica l’uguaglianza nelle posizioni economiche con l’uguaglianza davanti alla legge, essa vede nel ricorso alla coercizione per perseguire la prima un modo di perseguire la seconda. Peccato che uguaglianza di posizione economica e uguaglianza davanti alla legge, oltre a essere due cose diversissime, sono due cose opposte, cioè necessariamente incompatibili l’una con l’altra: se c’è una non c’è l’altra, e l’avvicinamento a una di esse comporta un allontanamento dall’altra in esattamente ugual misura. Infatti, visto che gli individui sono tutti diversi l’uno dall’altro sotto infiniti aspetti (le loro capacità, i loro gusti, le loro priorità, le loro situazioni, eccetera), se essi fossero trattati allo stesso modo essi finirebbero necessariamente in posizioni materiali diverse. Perché le loro situazioni economiche siano uguali (o meno disuguali) occorre necessariamente trattare le persone in modo diverso.
Quindi coloro che vogliono la progressività fiscale la pagano con l’abbandono dell’uguaglianza davanti alla legge. Essi negheranno questo, ma ciò è dovuto solo alla loro incapacità di coerenza intellettuale, cioè al loro essere intellettualmente inerti, oppure al fatto che essi sono dei malfattori.
Nel momento in cui si ritiene che la progressività fiscale sia compatibile con l’uguaglianza davanti alla legge, si spalancano le porte alle peggiori forme di totalitarismo, delle quali si diventa complici. Quando Hayek scrisse che “Pochi sono pronti a riconoscere che l’avvento del Fascismo e del Nazismo non fu una reazione contro le tendenze socialiste del periodo precedente, ma una conseguenza necessaria di quelle tendenze. […] Molti di coloro che si ritengono infinitamente superiori alle aberrazioni del Nazismo e del Fascismo e sinceramente odiano tutte le loro manifestazioni, lavorano allo stesso tempo per ideali la cui realizzazione porterebbe direttamente all’aborrita tirannia” si riferiva a persone come Nichi Vendola, come Mario Monti, come Pierluigi Bersani, come Silvio Berlusconi, come Beppe Grillo, come Gianfranco Fini, come Giorgio Napolitano, come Oscar Giannino, e più in generale come tutti coloro che, nella loro qualità di cittadini o politici, non si battono contro la disuguaglianza legale in tutte le sue forme, e quindi anche contro la progressività fiscale.
Grazie Antonino. Hai fatto benissimo a ricordarmi quello slogan: è perfettamente analogo a quello di Vendola, grazie! Un caro saluto e a presto!
Grande Birindelli, as usual.
L’uguaglianza e la legge come mi hai insegnato essere un principio condiviso e a cui tutti sono sottomessi, sono elementi che intesi come sono intesi in modo opportunistico e incoerente dai politici, compreso lo Svendola di Terlizzi come lo ha definito il grande Checco Zalone suo conterraneo, permettono ai parassiti come Svendola di farci vivere sotto la tirannia del legislatore e non sotto la supremazia della legge.
Aggiungo se mi permetti, che nella campagna elettorale del 2006, quella vinta dalla confraternita dei Cuori Gaudiosi e Misericordiosi capeggiata dal mortadella di Bologna, la gente ha dimenticato che Bertinotti e altri sinistrati (come li chiamo io) fecero campagna elettorale strillando “ANCHE I RICCHI PIANGANO”. Quindi che Svendola oggi proclami quello che proclama, di sicuro non è affatto originale.