GIOVANNI BIRINDELLI, 3.12.2016
Su segnalazione di Giacomo Zucco, pubblico una traduzione in italiano di alcuni punti che ritengo essenziali di un articolo di Ansel Lindner (la cui versione originale in inglese può essere trovata qui: http://bitcoinandmarkets.com/blockchain-rules-of-thumb/ ). In questo scritto, Lindner spiega in modo estremamente chiaro cosa è una blockchain, quali sono i suoi punti di forza e i suoi limiti. Cosa fa bene e cosa fa male. A seguito della lettura di questo articolo, devo correggere alcuni passaggi di un paio di miei articoli, in cui affermavo che una crittomoneta ancorata all’oro fisico potrebbe essere uno scenario sostenibile.
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“Proof-of-work + titoli digitali + politica monetaria = blockchain = consenso
[…] Mentre i networks decentralizzati sono ottimi per lo scambio di dati (data sharing), essi sono tremendamente inefficienti per ottenere consenso. Tutti i punti di forza della decentralizzazione vengono neutralizzati quando un network ha bisogno di consenso. […] Perché un network veramente decentralizzato ottenga consenso è necessario che esso rinunci a molta della sua efficienza “duplicando tutte le cose”. Solo quando la corruzione dei soggetti che stanno al centro controbilancia il costo del consenso decentralizzato una blockchain può funzionare. Oggi, il denaro è l’unica applicazione che soddisfa questo requisito e probabilmente, dato che è di per sé così potente, continuerà a esserlo.
[…] Una blockchain può anche essere descritta come un consenso decentralizzato che ha la capacità di rimanere tale, cioè di mantenere il suo stato (stateful decentralized consensus). Raggiungere il consenso è molto dispendioso. […] Satoshi ha trovato un modo di attuare un consenso decentralizzato su un network pubblico e la blockchain è il risultato, non la causa.
[…] Le blockchains hanno la capacità di resistere al governo (esse sono spesso descritte come resistenti alla censura).
[…] Una delle affermazioni oggi più popolari in relazione alle blockchains è che queste ultime possono essere usate come registri per titoli che rappresentano qualche oggetto fisico, o la proprietà di qualche oggetto fisico. Un esempio sarebbe un titolo digitale che rappresenti dell’oro custodito da qualche parte. […] È probabile che tutti gli schemi di blockchain digitali/fisiche falliranno perché esse dipendono da quello che io chiamo il consenso duale. […] Se il network o un account viene violato da hackers e il titolo digitale viene rimosso, oppure la chiave privata viene persa, ma l’oggetto fisico rimane là dove sta, emerge un problema di consenso. La blockchain dirà che l’oggetto appartiene a una persona mentre l’oggetto fisico può essere in possesso di un’altra persona. […] Quindi tutti gli schemi blockchain digitali/fisici falliranno nel tentativo di ingrandirsi e di rimanere stabili.
[…] Io credo che bitcoin sia l’unica blockchain rilevante e che probabilmente resterà tale per il futuro prevedibile.” (Ansel Lindner)
PS. Essendo io poco ferrato in informatica, avevo un’idea solo intuitiva di cosa “Proof of Work” volesse dire. La spiegazione più semplice che ho trovato è questa: https://www.doc.ic.ac.uk/…/website/Proof…/proof_of_work.html
Come dicevamo non mi preoccuperei tanto dei comuni ladri d’appartamento quanto del più grande ladro istituzionale. Terribile ciò che sta succedendo in India..
http://www.zerohedge.com/news/2016-12-07/india-confiscates-gold-even-jewelry-raids-hidden-money
Grazie Alberto. Bellissima lezione. Anche questo articolo (sullo stesso tema ma arricchente anche per altri versi) è da leggere
https://reason.com/archives/2016/11/28/the-secret-dangerous-world-of
Grazie Giovanni, letto.
E a parte che il protagonista si chiama Alberto (ovviamente nome fittizio), mi ha impressionato la descrizione della situazione di vita dei venezuelani.
Ovviamente i nostri organi di informazione governativa NON fanno minimamente cenno alle notizie provenienti dal Venezuela o dall’India.
E nessuno comprende che la deriva del sistema monetario ci porta prima verso L’India e poi in Venezuela.
Buongiorno Giovanni,
vorrei dare un piccolo contributo all’argomento con un diverso punto di vista.
Personalmente non credo che la moneta virtuale, intesa come moneta elettronica non legale, possa rappresentare un passo avanti verso l’affrancamento della moneta dal controllo statale e conseguentemente verso una società più libera.
Purtroppo, finchè ci saranno gli Stati, ci sarà la moneta legale, e finchè i sistemi bancari saranno organizzati sul modello a banca centrale con riserva frazionaria la moneta sarà sempre inflazionabile con gravi conseguenze per i cittadini. Inoltre, nonostante validissime proposte alternative (come quella del prof. DeSoto), tale sistema è molto difficile da modificare per gli enormi interessi in gioco.
Se questo è il contesto, l’utilizzo di una moneta virtuale ha senso solo se:
– non può essere liberamente inflazionata;
– ha costi transattivi inferiori alla moneta legale;
– è sicura;
– ha bassa volatilità rispetto ad altre valute, il che vuol dire alta capitalizzazione.
Non ho inserito tra i desiderata di una moneta la caratteristica di confidenzialità perchè, sebbene ritenga fondamentale che lo Stato eserciti il minor controllo possibile sui cittadini, ritengo che questo obiettivo non debba essere perseguito attraverso la moneta.
Come dicevo sopra, finchè ci saranno gli Stati, questi tenderanno sempre ad esercitare una qualche forma di controllo sulla moneta: per motivi fiscali, di “sicurezza nazionale”, anticrimine, … Controlli che, fra l’altro, diventano più semplici per gli Stati con l’inevitabile evoluzione da moneta cartacea a moneta elettronica.
Ritenere di aggirare la possibilità di controllo creando una moneta intrinsecamente non controllabile, come il bitcoin, temo sia velleitario.
Tornando alla lista di cui sopra, le monete virtuali di tipo accentrato mancano la quasi totalità dei requisiti, quelle di tipo decentrato non garantiscono comunque che vengano tutti soddisfatti.
In più, diciamocelo, oggi il bitcoin viene utilizzato più per motivi speculativi o per rendere poco visibili transazioni monetarie (spesso non per motivi nobili), che per eseguire transazioni commerciali.
Perchè quindi fare una moneta virtuale?
Detto questo, ritengo tuttavia che oggi la tecnologia offra l’opportunità di soluzioni che possano innescare un processo virtuoso da ricercarsi soprattutto nella riduzione della necessità da parte dei cittadini di disporre di depositi bancari a vista con conseguente riduzione dell’offerta monetaria.
Con un gruppo di investitori abbiamo creato un progetto di nome Gooldie che ha proprio questo obiettivo.
Un cordiale saluto,
aurelio mustacciuoli
Ciao Giovanni, in realtà non capisco quale sia il problema.
Lindner dice che..
“È probabile che tutti gli schemi di blockchain digitali/fisiche falliranno perché esse dipendono da quello che io chiamo il consenso duale.
Se il network o un account viene violato da hackers e il titolo digitale viene rimosso, oppure la chiave privata viene persa, ma l’oggetto fisico rimane là dove sta, emerge un problema di consenso. La blockchain dirà che l’oggetto appartiene a una persona mentre l’oggetto fisico può essere in possesso di un’altra persona. […] Quindi tutti gli schemi blockchain digitali/fisici falliranno nel tentativo di ingrandirsi e di rimanere stabili”.
Se succedesse quello che paventa Lindner non avremmo certamente un consenso duale ovvero un titolo (assetcoin) separato dal possesso (oro nel vault) semplicemente perchè il titolo “assetcoin” è al portatore e chiunque ne sia in possesso può rivendicare l’oro nel vault. Anche se il titolo fosse rubato da hacker. Il Vault è semplicemente un custode inconsapevole, nel senso che non sa e non deve sapere chi sia il proprietario dell’asset (oro) che lui custodisce. Chiunque si presenti con il titolo al portatore (assetcoin) E’ il proprietario dell’oro.
Del resto succede la medesima cosa per i Bitcoin e tutte le cryptovalute (a maggior ragione quelle totalmente anonime).
Se perdo la chiave privata del mio portafoglio …ho perso tutti i miei bitcoin.
Se un hacker forza il mio portafoglio e ruba i miei Bitcoin egli è giuridicamente proprietario dei Bitcoin. Ancor di più se trattasi di cryptovaluta totalmente anonima.
Sono dunque problemi identici che ritroviamo in entrambe le ipotesi.
Su questo punto il tuo ragionamento non fa una piega e inizialmente mi ha fatto cambiare idea. Tuttavia poi mi sono chiesto: cosa accade se, invece degli hackers che rubano la chiave privata dell’assetcoin, dei ladri rubano l’oro nel vault? In questo caso mi sembra che il problema del consenso duale descritto da Lindner possa emergere.
Ecco. Il problema semmai è questo. Ma è comune a tutti i beni fisici.
Io comunque più che dei criminali comuni mi preoccuperei del ladro per eccellenza : lo stato.