Anche Hitler era favorevole all’armonizzazione

GIOVANNI BIRINDELLI (22.2.2018)

(Pubblicazione originale: Catallaxy Institute)

In fondo anche Hitler voleva l'”armonizzazione” delle sue regole in Europa. Anche lui (dall’estate del 1941 in poi) si sarebbe seccato se le persone da lui perseguitate avessero potuto “delocalizzare”: cioè andare dove “loro conveniva”; dove le condizioni erano meno difficili di quelle prodotte dal nazismo nei territori da questo controllati (cosa che dopo l’ufficializzazione della “soluzione finale” in effetti non poterono più fare).

Naturalmente, il politico che vuole impedire che si “delocalizzi” non è necessariamente un nazista. Anzi, spesso è anti-nazista. A volte ha perfino la spudoratezza di auto-definirsi “liberale” o perfino “libertario”. Tuttavia, come i nazisti (o come i partiti con i quali il suo è in competizione e a cui ritene di essere agli antipodi), è un socialista.

Questo vuol dire che col nazismo egli ha diverse cose in comune: cose che lui non vede perché non ragiona in termini astratti (logici); ma che forse riuscirebbe a vedere se iniziasse a ragionare anche in questi termini.

In particolare, col nazismo egli ha in comune:

1) l’idea astratta di legge (il positivismo giuridico): in altre parole, lo stesso disprezzo per la libertà intesa in termini di assenza di aggressione di alcuni da parte di altri, p. es. in nome di un “bene collettivo” o “sociale”;

2) la totale ignoranza economica (che di solito si accompagna al disprezzo per la libertà di cui sopra).

3) la convinzione che il potere costituito nel momento in cui lui ne fa parte (o ne vuole far parte) produca il migliore dei mondi possibili. Un mondo che è tale non perché le persone, usando la loro conoscenza che è anche di tempo e di luogo, scelgono liberamente di starci; ma perché chi lo controlla con la forza e trae da questo controllo rendite parassitarie ha deciso arbitrariamente che sia così (o che sarà così). Per cui da questo mondo non deve essere possibile uscire (nel senso che uscirne deve essere reso sempre più difficile e costoso); questo mondo non può e non deve essere messo in competizione con altri; alle persone e soprattutto alle imprese (cioè a chi produce ricchezza scambiando beni e servizi) non deve essere permesso di “votare con i piedi”, o “delocalizzare”: usare la propria conoscenza per i propri fini; scegliere.

Il socialismo, per esistere, ha bisogno di un ambiente giuridico positivo(*), senza il quale muore. Gli ambienti giuridici positivi sono tanti quanti sono i regimi positivi, nel tempo e nello spazio. In altre parole, sono infiniti. Anche senza toccare i temi della libertà e dell’economia, l’arroganza di pensare in buona fede che uno particolare di questi ambienti (quello di cui guarda caso si fa parte) possa essere il migliore dei mondi possibili (nel senso di cui sopra) è, nella mia opinione, una forma di patologia mentale.

PS. Una volta che questi burocrati hanno realizzato l'”armonizzazione” totale delle regole fatte dal centro e a quel centro arriva un nuovo Hitler, cosa succede? Questa domanda aiuta a capire la ragione dell’esistenza di bitcoin.

(*) Un ambiente giuridico positivo è uno in cui le azioni delle persone sono limitate coercitivamente da decisioni particolari e arbitrarie di altre persone privilegiate invece che da regole generali (il principio di non aggressione e le sue declinazioni) che esistono indipendentemente dalle decisioni di chiunque e la cui validità è riscontrata oggettivamente nel fatto che queste regole possono essere applicate a tutti allo stesso modo, nessuno escluso (e in particolare stato incluso).

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