Voglio essere statalista. Per un giorno.

GIOVANNI BIRINDELLI, 30.1.1971

Domani vorrei essere statalista. Per un solo giorno. Per poter gioire e godere senza freni del fatto che il Regno Unito esce dall’Unione Europea. Per potermi esaltare del ciaone di Nigel Farage a Guy Verhofstadt, alla Commissione Europea, al Parlamento Europeo e all’Unione Europea tutta. Invece quei freni li ho. Quindi il mio godimento sarà in buona parte soffocato e frustrato. Principalmente a causa della consapevolezza del fatto che l’uscita del Regno Unito dall’UE non è un’uscita dal paradigma statalista.

Vero, la separazione di un paese da un sovrastato (come quella di una comunità da uno stato per formarne uno più piccolo) in sé è sempre una cosa positiva per diverse importanti ragioni: riduzione delle dimensioni, e quindi delle risorse e del potere, del sovrastato (o dello stato); conseguente maggiore necessità di apertura ai mercati (soprattutto per la parte che si separa); maggiore possibilità di concorrenza istituzionale, e quindi della possibilità che le persone hanno di “votare coi piedi”; maggiore probabilità di reazioni a catena e quindi di altri stati/regioni che seguono l’esempio (anche se nel caso della socialista Scozia sarebbe per riunirsi all’UE).

Tutto vero. Queste dinamiche tuttavia alleviano (e temporaneamente) i problemi dello statalismo: non costituiscono un’uscita dal paradigma statalista, che non mettono minimamente in discussione. Né, soprattutto, sono un progresso verso questa uscita. Lo statalismo infatti per sua natura nel lungo periodo si espande. Questa naturale espansione di lungo periodo dello statalismo non è incompatibile con momenti di arresto (e perfino di inversione) nel breve termine. Tuttavia, è logicamente incompatibile con un progresso verso l’uscita dal paradigma statalista. E anche verso una riduzione dello statalismo che sia sostenibile nel lungo termine.

Finché non provi a uscire dallo statalismo, non potrai uscire dallo statalismo. As simple as that.

Contrariamente a quello che molti ritengono, uscire dal paradigma statalista non è un miraggio. Non è impossibile. È impossibile, perché sarebbe logicamente contraddittorio, farlo in modo centralizzato, legale, per benino, col permesso dello stato stesso. Ma non è affatto impossibile farlo in modo decentralizzato e incensurabile, per settori. Se bitcoin ha dimostrato definitivamente una cosa è proprio questa. Nel settore del denaro (nientepopodimeno) Bitcoin è la prima uscita dal paradigma statalista di successo, e globale (altro che Brexit).

E io continuo a credere che qualcosa di simile possa essere fatto anche nel settore della legisalzione.

Molte persone ritengono che per progredire concretamente verso la libertà occorra venire a compromessi, avere un approccio gradualista. Alcune arrivano perfino a distorcere la loro stessa idea di libertà per adattarla a quello che essi, dal loro punto di vista, ritengono essere “realisticamente conseguibile”, come se la libertà fosse una questione di opinioni invece che scientifica. Una delle ragioni preliminari fondamentali per cui bitcoin sta vincendo (in una partita molto più ambiziosa della Brexit) è che non è venuto a compromessi con la scienza della libertà e con quella economica; non ha chiesto il permesso a nessuno; non ha combinato strategia e politica: ha combinato strategia e scienza. Se si ha una strategia compatibile (cioè un modo di pensare strategico diverso rispetto a quello centralizzato degli statalisti a cui siamo talmente abituati che ci viene automatico), l’aderenza ai principi scientifici senza se e senza ma paga. Il venire a compromessi coi principi scientifici per esigenze di “realismo” è, oltre che sbagliato, un’illusione votata al fallimento nel lungo periodo. Se vuoi costruire un aeroplano che voli devi conoscere e rispettare le leggi della fisica, non quelle che ti pare nella misura che ti pare.

Il Regno Unito dopo la Brexit rimarrà lo stato che ha arrestato Julian Assange e che è uno dei più attivi e penetranti in Occidente nella sorveglianza di massa. Il primo ministro che ha portato a casa la Brexit si è impegnato in enormi aumenti di spesa pubblica, specie nella sanità e nelle infrastrutture.

Farage giustamente esulta al parlamento UE per il fatto che da domani il Regno Unito tornerà sovrano e quindi libero di negoziare accordi commerciali senza restrizioni con altri paesi, ma non tiene conto del fatto che l’individuo ha questo diritto (inteso in senso scientifico e negativo) nei confronti delle altre persone e delle aziende. In altri termini, che la libertà non sta nella sovranità di uno stato rispetto a un sovrastato, ma nella sovranità dell’individuo e delle aziende rispetto allo stato. Farage dice: “cosa vogliamo dall’Europa. Se vogliamo commercio, amicizia, cooperazione, reciprocità non abbiamo bisogno di una Commissione Europea, non abbiamo bisogno di una Corte Europea, non abbiamo bisogno di queste istituzioni e di tutto questo potere”. Questo vale, a maggior ragione caro Nigel, per l’individuo rispetto allo stato: se vogliamo commercio, amicizia, cooperazione, reciprocità fra le persone non abbiamo bisogno di un governo, non abbiamo bisogno di tribunali ‘pubblici’, non abbiamo bisogno di queste istituzioni (lo stato) e di tutto questo potere. Anzi: ogni nuova espansione monetaria, ogni nuova regolamentazione, ogni nuova tassa ci ricordano che abbiamo bisogno che non ci siano.

Ma per un giorno, un giorno solo, vorrei scordarmi di tutto questo. Quindi essere statalista. E godermi il ciaone di Farage senza freni. In fondo domani è il mio compleanno, e sono pure un cittadino (che parola orribile) britannico: forse posso farmi questo regalo: dimenticare per un giorno e godere senza freni.

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