Coronavirus e la collettivizzazione dell’esperienza

GIOVANNI BIRINDELLI, 19.4.2020

Questa immagine per me rimarrà il simbolo di questo periodo: due poliziotti (non uno: due), col supporto di un drone (controllato da un terzo poliziotto a distanza), multano un uomo perché, solo e lontano da tutti, è “intento a prendere il sole” in riva al mare.
Questa situazione è nella sostenza esattamente identica a infinite altre a cui assistiamo ogni giorno: p. es. quando la guardia di finanza o la polizia locale entrano in qualche azienda per cercare irregolarità burocratiche la cui inevitabilità, in un sistema giuspositivo, è uno degli scopi principali della legislazione (in quanto rende ogni persona ricattabile e quindi controllabile con più facilità).
E’ esattamente identica perché in tutti questi casi, come nel caso della persona multata perché prendeva il sole sulla spiaggia, si ha un’aggressione legale (nel senso di una violazione legale del principio scientifico di non aggressione) ai danni di persone che non hanno aggredito nessuno (all’obiezione secondo cui, in una situazione di pandemia, queste persone, prendendo il sole sulla spiaggia, starebbero aggredendo qualcuno, rispondo qui). In altre parole, si ha una violazione della libertà scientificamente definita. E naturalmente questa violazione della libertà viene fatta in nome di un logicamente inesistente, e per questo arbitrariamente definito, “bene comune”.
Tuttavia, sebbene la situazione delle irregolarità burocratiche e quella dell’uomo sulla spiaggia siano sostanzialmente identiche, sono diverse rispetto a un aspetto fondamentale: quello della collettivizzazione dell’esperienza.
Nel caso delle multe per irregolarità burocratiche, questa collettivizzazione è impossibile. Con questo voglio dire che il numero di norme burocratiche è talmente enorme e la loro natura è talmente specifica che spesso nessuno, tranne eventualmente la persona colpita (di solito solo dopo essere stata colpita) ed eventualmente il suo avvocato (in genere solo dopo aver fatto scrupolose ricerche per cavilli), può sapere che queste norme esistono. La persona copita non può condividere la sua esperienza con nessuno perché per farlo dovrebbe spiegare al suo interlocutore una tale quantità di dettagli di una tale noia (e perfino di una tale angoscia) che nessuno ha il tempo, né spesso la capacità, né la voglia, di ascolatare. Così l’esperienza di quell’aggressione legale non può che rimanere puramente individuale. E’ studiata per rimanere puramente individuale. Questa impossibilità di collettivizzazione dell’esperienza sta infatti alla base del totalitarismo moderno. Essa è uno degli elementi che lo distinguono dal totalitarismo vecchia maniera, dove invece le aggressioni legali erano talmente dirette ed evidenti che erano facilmente condivisibili con chiunque. E questa facilità di condivisione, questa collettivizzazione dell’esperienza dell’aggressione legale, è credo uno dei principali elementi che hanno consentito lo sviluppo di quegli anticorpi che alla fine hanno sconfitto il totalitarismo vecchia maniera (per sostituirlo con quello nuovo). Per evitare lo sviluppo di questi anticorpi, il totalitarismo si è evoluto. E uno dei modi in cui lo ha fatto è stato proprio rendere impossibile la collettivizzazione dell’esperienza dell’aggressione legale. In altre parole, portare all’estremo la strategia del divide et impera.
Qui c’è un apparente paradosso dello statalismo: nella sua forma più avanzata e resistente (quella contemporanea), mentre da un lato il suo collettivismo è portato all’estremo, dall’altro esso trae grande forza dall’individualizzazione dell’esperienza dell’aggressione legale, e in particolare dall’impossibilità, per l’individuo aggredito legalmente, di condividere questa sua esperienza con altri.
Il caso dell’uomo che prende il sole sulla spiaggia, tuttavia, in relazione a questo aspetto è profondamente diverso: qui la collettivizzazione dell’esperienza dell’aggressione legale è possibile. Qui infatti non c’è bisogno di studiare cavilli nascosti e incomprensibili per vedere e capire la violenza, l’arbitrarietà, la prevaricazione e la vigliaccheria dello stato. L’illimitatezza del suo potere coercitivo. Qui queste appaiono direttamente e possono immediatamente essere condivise con altri. Questo aiuta a sviluppare anticorpi. Certo: ci sono quelli che dai balconi insultano chi cammina per strada e perfino quelli che in gruppo picchiano un runner perché corre senza mascherina. La specie umana è composta anche di esseri subumani. Ma, nonostante questo, non sono pochi quelli che, pur non avendo mai avuto alcun approccio scientifico alla libertà, sono scioccati da quello che sta accadendo e iniziano a porsi delle domande.
Questi anticorpi tuttavia non hanno alcuna possibilità di attecchire e di avere la meglio sul totalitarismo moderno: non solo perché lo stato si è reso conto del suo errore e lo sta già correggendo, ma soprattutto perché, mancando nella stragrande maggioranza delle persone la struttura scientifica della libertà, anche se per assurdo questi anticorpi si sviluppassero e avessero la meglio sul virus del totalitarismo, sarebbe solo per produrne un altro (come è avvenuto nel passaggio dall’Italia fascista all’Italia repubblicana, per esempio).
All’epoca dello stato moderno, la via per la libertà non passa dalle idee. Passa solo dagli incentivi (vedi bitcoin).

One thought on “Coronavirus e la collettivizzazione dell’esperienza

  1. angelo sciortino April 19, 2020 / 6:13 pm

    Eccezionale!

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