GIOVANNI BIRINDELLI, 17.2.2021 (aggiornato il 21.2.2021)
«Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta» (Mario Draghi, 17 febbraio 2021, primo discorso da Presidente del Consiglio al Senato).
La questione ambientale, come quella monetaria, ha al centro lo stesso identico problema: l’aggressione sistematica e legale della proprietà privata da parte dello stato. Concentriamoci qui sulla questione monetaria. Approfondiamo un minimo il concetto di «buona moneta» che Draghi vuole vendere agli italiani.
A. Una «buona moneta», secondo Draghi, è quella che, essendo infinitamente inflazionabile, perde oltre un terzo del suo potere d’acquisto in meno di vent’anni: secondo gli obiettivi espliciti di inflazione delle banche centrali occidentali, circa il 72% in 50 anni; l’87,5% in 82 anni. In altri termini, la «buona moneta» è, per Draghi, quella che in meno di vent’anni riduce di oltre un terzo i risparmi delle persone (e quindi gli investimenti economicamente sostenibili). All’art. 47, la Costituzione stabilisce che «La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio»: ecco, forse i costituenti pensavano che il modo migliore per incoraggiare e tutelare il risparmio fosse distruggerlo (infatti il resto dell’articolo recita: «la Repubblica disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito»: cioè sostituisce lo stato al processo di mercato, il che equivale a distruggere). Se Tizio dicesse a Caio: «per incoraggiarti ad andare in auto e per migliorare la sicurezza della tua auto, te la distruggo togliendole ogni anno il 2,5% del motore», Caio prenderebbe Tizio per scemo. Quando invece Tizio dice a Caio: «per incoraggiarti a risparmiare e per tutelare il tuo risparmio, te lo distruggo diminuendone il valore del 2,5% all’anno», Caio lo guarda come un angelo venuto dal cielo a salvarlo. Perché Caio ha una reazione opposta nei due casi? Perché non sa cos’è il denaro. La natura del denaro e gli effetti della sua manipolazione sono questioni abbastanza complicate, che perfino la stragrande maggioranza dei cosiddetti economisti non riesce a capire: da Keynes al premio Nobel Krugman (che nel 1995 affermava che l’impatto di internet sull’economia non sarebbe stato maggiore di quello del fax e che nel 2015, quando 1 bitcoin valeva 7.500 euro, affermava che era una bolla destinata a esplodere e una frode – oggi 1 bitcoin vale oltre 50.000 dollari e inizia a essere adottato come investimento dalla finanza mainstream). Questa complicatezza dell’economia monetaria è utile a Tizio (lo stato) per mantenere Caio (la persona comune) in uno stato di sudditanza e per saccheggiarlo sistematicamente, senza sosta, mentre gli fa credere che sta lavorando per il suo futuro e quello dei suoi figli.
B. Una «buona moneta», secondo Draghi, è quella che, essendo infinitamente inflazionabile, permette di avere tassi di interesse artificialmente bassi. Tassi di interesse artificialmente bassi scoraggiano ulteriormente il risparmio, e quindi gli investimenti economicamente sostenibili. L’aspetto peggiore, tuttavia, è che allo stesso tempo segnalano agli investitori la presenza di risorse disponibili per gli investimenti che in realtà non esistono. Il risultato sono crisi economiche cicliche (boom and bust). Oltre a essere quella che distrugge i risparmi delle persone, la «buona moneta», secondo Draghi, è quindi quella che toglie alle persone anche il loro lavoro.
C. Una «buona moneta», secondo Draghi, è quella che può essere ulteriormente inflazionata grazie alla riserva frazionaria. La riserva frazionaria è quel sistema di espansione artificiale del credito basato sull’appropriazione indebita (analogo, mutatis mutandis, a quello in cui i proprietari dei parcheggi potessero affittare ad altri le auto parcheggiate dai loro clienti, e che in ogni momento i loro clienti possono tornare a riprendere). In breve, funziona così: se A deposita 1.000 euro nella banca X, questa ne trattiene l’1% come riserva obbligatoria e ne presta il rimanente 99% (990 euro) a B, che a sua volta li deposita nella banca Y. La banca Y fa lo stesso e così di seguito finché il sistema bancario nel suo complesso, a partire da quel deposito iniziale di 1.000 euro, ha creato 99.000 euro letteralmente dal nulla. In quanto ulteriore fattore di inflazione monetaria, la riserva frazionaria peggiora e amplifica le crisi economiche cicliche di cui sopra (punto B). Inoltre comporta che tutte le banche commerciali sono in uno stato di bancarotta intrinseca: in caso di corsa agli sportelli, esse andrebbero con le gambe all’aria in quanto il denaro depositato è stato prestato (il sempre maggiore divieto del contante serve a impedire la corsa agli sportelli, che era l’ultimo argine rimasto alla capacità del sistema bancario di inflazionare a piacimento). Gran parte del denaro creato dal nulla grazie alla riserva frazionaria le banche commerciali lo usano per comprare titoli del debito pubblico (di qui il sodalizio stato-banche, che con la nomina di Draghi alla presidenza del consiglio trova la sua espressione anche esteticamente più compiuta). Per poter prestare ad altri il denaro che Caio ha depositato in banca (e sul quale quindi ha mantenuto la piena disponibilità in ogni momento), le banche devono appropriarsi legalmente del denaro di Caio, ma a sua insaputa. Nella mia personale esperienza, le persone che sono al corrente dell’articolo 1834 del Codice Civile («Nei depositi di una somma di denaro presso una banca, questa ne acquista la proprietà»), e quindi del fatto che il denaro che esse hanno in banca non è loro, sono pari al numero di persone che nella loro vita si sono mai chieste (o che in un giornale hanno mai letto un articolo chiedersi) perché lo stato impedisce con la forza il libero mercato nel settore del denaro: zero. Una «buona moneta», secondo Draghi, è quindi quella che consente di privare le persone della proprietà del denaro che hanno depositato in banca facendo loro credere, allo stesso tempo, che ne sono proprietarie. Grazie a bitcoin, queste persone oggi hanno la possibilità di essere proprietarie del loro denaro (un denaro di mercato non inflazionabile e resistente alla censura statale). Tuttavia, se compreranno bitcoin generalmente lo faranno solo perché sperano di guadagnarci e non per i problemi strutturali che bitcoin risolve. Questa è la forza di bitcoin: il fatto che la sua adozione è motivata dagli incentivi (che tutti hanno) invece che dalla comprensione della questione monetaria che è nato per risolvere (che quasi nessuno ha).
D. Una «buona moneta», secondo Draghi, è quella che, grazie alla sua perdita di potere d’acquisto (punto A), opera un trasferimento di risorse dai creditori (i risparmiatori) ai debitori (che devono restituire una somma che, al netto degli interessi, è uguale in termini nominali a quella prestata ma inferiore in termini reali) e quindi soprattutto allo stato, che è il debitore di gran lunga più grosso di tutti e l’unico che può indebitarsi per fare guerre; e opera un trasferimento di risorse da chi riceve il nuovo denaro prima (la classe di privilegiati e parassiti che girano intorno al potere politico), quando il nuovo denaro non ha ancora avuto il tempo di circolare e quindi di spingere in alto i prezzi, a chi lo riceve dopo (Caio), quando i prezzi sono già aumentati a causa della circolazione del nuovo denaro.
E. Una «buona moneta», secondo Draghi, è quella che, per esistere, ha bisogno del monopolio legale pubblico imposto con la violenza. In altre parole, è quella moneta che, se il suo uso non fosse imposto con la forza delle armi, e se la concorrenza a essa non fosse impedita con la forza delle stesse armi, nessuno userebbe e si scioglierebbe come neve al sole. Caio può non sapere cos’è il denaro; tuttavia, se potesse scegliere liberamente fra risparmiare (o essere pagato per il suo lavoro) in un denaro infinitamente inflazionabile che perde il suo potere d’acquisto nel tempo e un denaro non inflazionabile che mantiene (e perfino aumenta) il suo potere d’acquisto nel tempo, non esiterebbe un istante a scegliere il secondo. È l’assenza forzata di libertà di scelta che lo mantiene nel suo stato di ignoranza su cosa è il denaro: il fatto che lo stato (e la sua costituzione) lo ha chiuso nella scatola buia del suo denaro fiat. Bitcoin ha aperto una via di uscita da quella scatola: non una via di uscita politica (la politica è sempre il problema, mai la soluzione), ma individuale.
Col suo whatever it takes, Draghi è generalmente visto come colui che ha salvato l’euro (il fatto che ancora oggi egli abbia bisogno di sottolineare che l’euro è «irreversibile» basta a rendere l’idea di quanto, ai suoi stessi occhi, l’esistenza dell’euro sia in bilico – a mio avviso il rischio maggiore sono i paesi cosiddetti “virtuosi”, o piuttosto meno viziosi, che a un certo punto potrebbero stancarsi di perdere ulteriormente potere d’acquisto della loro moneta per finanziare i redditi di cittadinanza, i “bonus cultura” e le altre amenità dei peracottai mediterranei che Draghi ha mantenuto al governo). Mentre, da un lato, il fatto (vero, per ora) che Draghi abbia salvato l’euro è scritto e ripetuto in ogni giornale, dall’altro il paradigma del denaro fiat di stato (e cioè il divieto di libero mercato nel settore del denaro) non è mai messo in discussione. Forse, di nuovo, questo basta a rendere l’idea di quanto privo di argomenti sia quel paradigma: chi è forte di argomenti (specie se logici) non ha paura del confronto, soprattutto sui paradigmi, in relazione ai quali invece oggi c’è un silenzio forzato e totale. Se non ci fosse questo silenzio imposto, prima di lodare Draghi per aver salvato (per ora) l’euro, sarebbe ragionevole chiedersi se l’euro, non in quanto moneta alternativa alla lira (che era ancora più liberamente inflazionabile da parte dello stato, e quindi ancora peggiore dell’euro), ma in quanto denaro fiat di stato (quindi infinitamente inflazionabile e imposto con la forza delle armi e contro le leggi naturali della libertà e quelle scientifiche dell’economia), valesse la pena di essere salvato.
Pochi giorni fa, in un articolo sul Telegraph, Lord Sumption (giudice della Corte Suprema britannica fra il 2012 e il 2018) ha accusato esplicitamente Matt Hancock e più in generale il governo di Boris Johnson di «tirannia» per aver perseguito un fine particolare (l’eliminazione del virus) con ogni mezzo ritenuto utile, qualunque fosse il costo in termini di prosperità, di libertà, di umanità. In altre parole, per aver perseguito quel fine particolare whatever it takes. Whatever it takes è equivalente al machiavellico “fine che giustifica i mezzi” che Sumption giustamente vede come tratto distintivo di ogni tirannia. Ma, e questo è il punto, perché le persone che vedono la natura totalitaria del whatever it takes (i famosi difensori delle “libertà fondamentali” ecc., come se potessero esistere “libertà fondamentali” diverse dalla libertà) sono le stesse che invece spesso elogiano il whatever it takes monetario di Draghi? Di nuovo, perché non sanno cos’è il denaro: non solo non conoscono la sua relazione col processo economico ma neanche quella con la libertà. A causa di questa loro ignoranza, elogiando Draghi (ma in realtà il paradigma del denaro fiat di stato a banca centrale che tuttavia non possono mettere in discussione) elogiano la stessa tirannia che essi in altri casi condannano, e per le stesse ragioni.
Dato che Draghi non è capace di capire le ragioni per cui, nel settore del denaro, il libero processo di mercato è superiore alla centralizzazione socialista, allora non è capace di capire queste ragioni in generale (non solo nel settore sistemico del denaro). Infatti, nel suo discorso, dice: «il governo dovrà proteggere tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Alcune dovranno cambiare, anche radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi». Un governo con un minimo di rispetto per la libertà e con un minimo di serietà e competenza in relazione ai suoi obiettivi di crescita lascerebbe questo compito (come quello di selezionare il denaro migliore) non alla “politica economica” (o monetaria), e cioè di fatto a qualche burocrate in una posizione di potere politico, ma allo spontaneo processo di mercato. Il processo di mercato, infatti, è l’unico che può fare uso di quella conoscenza particolare, capillare e dispersa che è indispensabile alla crescita economica sostenibile e di cui nessuna mente direttrice o struttura burocratica centralizzata può disporre. Se Draghi non ha capito il problema dell’uso di questa conoscenza dispersa nel caso del tasso d’interesse (in cui la conoscenza in questione è quella delle preferenze temporali dei singoli individui – preferenze del cui prezzo il tasso d’interesse è espressione), ovviamente lo ha capito ancora meno nel caso del processo economico nel suo complesso. A causa di questa mancata comprensione, tipica dei socialisti (di destra come di sinistra), affida a una struttura burocratica centralizzata un compito che può essere svolto con successo solo dal libero processo di mercato, che viene sempre più impedito.
Chi ha lasciato al mondo una buona moneta (buona perché non imposta con la forza delle armi, perché rispettosa delle leggi scientifiche della libertà e dell’economia, e perché resistente alla censura statale) è stato Satoshi Nakamoto, non Mario Draghi. E una buona moneta è il presupposto di una buona economia.
Grazie
Una domanda forse un po’ fuori tema. Esiste un’edizione cartacea con traduzione italiana de “L’economia cristiana in una lezione” di Gary North?
Salve Alessandro, ho trovato questo (in inglese). Un saluto, Giovanni
Si salvi chi può
Draghi non capisce i processi di mercato e cosa sia il vero mercato? O soltanto finge di non capire?