Protezionismo, trade deficit e guerre commerciali

GIOVANNI BIRINDELLI, 25.8.2019

«Donald Trump annuncia nuovi dazi sul Made in China. A partire dall’1 ottobre saliranno al 30% i dazi su 250 miliardi di dollari di prodotti cinesi sui quali al momento gravano dazi al 25%. Sui restanti 300 miliardi di dollari di prodotti dalla Cina i dazi che scatteranno l’1 settembre saranno al 15% e non al 10%»[1].

Fin dal suo discorso di insediamento, Trump è stato molto chiaro sul fatto che la sua amministrazione avrebbe adottato misure protezioniste in misura ancora maggiore di quanto abbiano fatto le amministrazioni precedenti: «A partire da oggi, sarà solo America first, America first». «Seguiremo due semplice regole: compra americano e assumi americano». «Il protezionismo porterà grande prosperità e ricchezza».

Il 22 dicembre del 2018, quasi un anno dopo l’inizio della guerra commerciale con la Cina a forza di dazi da lui iniziata, ha twittato: «I’m a tariff man», come se a qualcuno potesse essere rimasto qualche dubbio.

Questa posizione ancora più protezionista di quelle dei suoi predecessori ha la sua origine nel trade deficit che gli USA hanno nei confronti di altri paesi, e in particolare della Cina: «noi perdiamo 800 miliardi di dollari all’anno, ogni anno» dice Trump, implicando che esista un “noi”, che il deficit della bilancia commerciale sia una “perdita” e che questa vada corretta attraverso misure protezioniste.

Nella prima sezione di questo articolo discuto il rapporto fra trade deficit e prosperità. Questo è un punto delicato su cui c’è spesso confusione, anche da parte di alcuni economisti che hanno familiarità con la Scuola Austriaca di economia.

Nella seconda sezione discuto rapidamente il protezionismo nel caso particolare del commercio internazionale, con particolare riferimento ai dazi.

Nella terza e ultima sezione, faccio alcune brevi considerazioni sulla dimensione monetaria del protezionismo.

Continue reading

L’ipocrisia complice dei radical-chic

GIOVANNI BIRINDELLI, 13.2.2017

(Pubblicazione originale: Miglioverde)

 

The New Yorker, il giornale-simbolo dei radical-chic americani, ha di recente pubblicato un articolo di George Prochnik titolato When It’s Too Late to Stop Fascism, According to Stefan Zweig (“Quando è troppo tardi per fermare il fascismo, secondo Stefan Zweig”).

Si tratta dell’ennesima espressione di quella particolare forma di ipocrisia contemporanea che ha trovato rinnovato vigore dopo l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Un’altra manifestazione di questa ipocrisia è per esempio rappresentata dal discorso di Meryl Streep alla cerimonia per la consegna dei Golden Globe.

Per questa particolare forma di ipocrisia sarebbe necessario trovare un nome. In questo articolo, per incapacità di trovare termini migliori, la chiamerò “ipocrisia complice”.

L’ipocrisia complice ha alcune caratteristiche distintive. Continue reading

Patriottismo ed egualitarismo

GIOVANNI BIRINDELLI, 21.1.2017

(Pubblicazione originale: Catallaxy Institute)

Il patriottismo esprime una mentalità collettivista (cioè totalitaria) non meno di quanto faccia il cosiddetto egualitarismo.

Continue reading

“Dov’era Meryl Streep quando Obama perseguiva i whistleblowers e bombardava matrimoni?”

Traduzione di un estratto dell’articolo Where Was Meryl Streep when Obama was Prosecuting Whistleblowers and Bombing Weddings? di Danielle Ryan, 10.1.2017

“Ok. Chiariamo subito una cosa: adoro Meryl Streep. [… Ma] Dov’era Meryl Streep […] e dov’erano tutti quegli altri ipocriti nella sala mentre [il premio Nobel per la pace, n.d.r.] Obama ha passato l’intero 2016 a scaricare 26171 bombe? Ah si, festeggiavano alla Casa Bianca (http://www.dailymail.co.uk/…/Inside-Obama-s-final-star-stud…)! […] Nel suo appassionato discorso, Streep ha chiesto ai suoi colleghi e ai suoi fans di unirsi a lei nel fare donazioni al Comitato per la Protezione dei Giornalisti: ‘abbiamo bisogno di una stampa che stia dalla parte dei princìpi; che inchiodi il potere alle sue resposabilità, che lo chiami in causa per ogni oltraggio. Questa è la ragione per cui i nostri padri fondatori hanno incastonato la stampa e le sue libertà nella costituzione’ ha detto. Ha ragione, naturalmente. Tuttavia viene da chiedersi: la Streep era al corrente, per esempio, del fatto che Obama ha perseguito più whistleblowers [coloro che denunciano alla stampa i crimini dell’agenzia governativa di cui fanno parte, n.d.r.] di tutti i presidenti precedenti combinati insieme (https://www.theguardian.com/…/whistleblowers-double-standar…)? Si tratta di una tradizione che Trump probabilmente continuerà, naturalmente, ma è piuttosto strano che la questione non l’abbia mai sfiorata fino a ora. E dov’era la Streep — d’improvviso interessata al fatto che “la violenza incita la violenza” — quando Obama aiutava l’Arabia Saudita a radere al suolo lo Yemen bombardando funerali e matrimoni? […] L’oltraggio morale avvertito da queste persone è vuoto e privo di significato se non è coerente. […] L’eroe di Hollywood Obama ha reso ancora più facile per Trump perseguire i giornalisti e i whistleblowers e bombardare gli innocenti se questo è quello che decide di fare”. (Danielle Ryan)