GIOVANNI BIRINDELLI, 5.12.2013
(Original publication: L’Indipendenza)
In un recente articolo sul suo giornale, The Fielder, il direttore Federico Cartelli attacca senza mezzi termini lo stato di polizia fiscale instauratosi in Italia con programmi quali l’anagrafe tributaria, “serpico”, il redditometro. Verso la fine dell’articolo, Cartelli riporta una citazione di Attilio Befera secondo il quale «l’evasione e l’elusione fiscale non sono compatibili… con nessun sistema veramente democratico» e chiude l’articolo con la seguente obiezione a quello che efficacemente definisce «l’inquisitore fiscale retribuito coi nostri soldi»: «Una pressione fiscale di quasi il 70% sulle piccole e medie imprese è democratica? Che l’Italia sia il Paese dove i manager pubblici sono pagati di piú e hanno un doppio, triplo incarico è democratico? Portare l’IVA fino al 22% e aumentare costantemente le imposte indirette è democratico? Ricevere cartelle esattoriali che per alcuni sono significate condanne a morte è democratico? Che lo Stato possa impunemente vagliare ogni nostro movimento fiscale, ma tenere all’oscuro le sue spese, è democratico? L’Italia ha smesso da tempo d’esser una democrazia. È solo una moderna dittatura fiscale» (grassetto nell’originale).
Nella sua obiezione, a mio parere, Cartelli ha confuso i termini del problema e così facendo si è schierato con Befera e con lo stato di polizia tributaria, non contro di essi. Infatti, se al termine “democrazia” diamo il significato che oggi (anche grazie alla costituzione italiana) viene comunemente attribuito a questa parola, ovvero quello di sistema politico basato sulla regola della maggioranza (eventualmente rappresentativa), l’Italia repubblicana è una moderna dittatura fiscale proprio perché è una “democrazia”, cosa che purtroppo non ha mai smesso di essere. Continue reading