La privacy e il lavoro stampato

GIOVANNI BIRINDELLI, 19.11.2018

Lavoro, dalla privacy al digitale: c’è posto per 30mila giovani” (ilsole24ore.com)

I posti di lavoro legati alla privacy sono quelli degli “esperti Gdpr”, che al momento sono “introvabili”.

Politicamente, la privacy si difende istituendo il segreto bancario assoluto, abolendo la sorveglianza, proteggendo i whistle-blowers e chi pubblica i loro leaks, ecc. In sostanza, evitando di violare la proprietà delle persone in relazione alle loro informazioni.

Dato che, nel lungo termine, una difesa politica della privacy è quasi una contraddizione in termini, allora l’unico modo per difendere la privacy è il libero mercato 2.0 (non censurabile): crittografia, bitcoin, sistemi di telecomunicazione distribuiti (di recente è stato presentato un prototipo a Bologna: Netsukuku), ecc.

La cosiddetta “normativa sulla privacy” richiamata nel titolo citato in apertura non ha nulla a che vedere con la difesa della privacy (che è una parte della difesa del principio di non aggressione, e quindi di difesa senza se e senza ma della proprietà privata). Quella normativa non è altro che un insieme di cavilli deliranti che l’organizzazione che viola sistematicamente la privacy e la proprietà delle persone impone a queste ultime per proteggere informazioni di cui in genere non frega nulla a nessuno e che nessuno ha incentivo a cercare.

Ogni delirio legislativo, naturalmente, ha anche il suo aspetto economico. Nel caso della “normativa sulla privacy”, le conseguenze economiche a lungo termine sono pesanti.

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Anche Hitler era favorevole all’armonizzazione

GIOVANNI BIRINDELLI (22.2.2018)

(Pubblicazione originale: Catallaxy Institute)

In fondo anche Hitler voleva l'”armonizzazione” delle sue regole in Europa. Anche lui (dall’estate del 1941 in poi) si sarebbe seccato se le persone da lui perseguitate avessero potuto “delocalizzare”: cioè andare dove “loro conveniva”; dove le condizioni erano meno difficili di quelle prodotte dal nazismo nei territori da questo controllati (cosa che dopo l’ufficializzazione della “soluzione finale” in effetti non poterono più fare). Continue reading

Bergoglio, i call center e la dignità della persona

GIOVANNI BIRINDELLI, 17.4.2016

(Pubblicazione originale: Catallaxy Institute)

Bergoglio: “penso alla situazione precaria dei lavoratori italiani dei call center: auspico che su tutto prevalga sempre la dignità della persona umana e non gli interessi particolari”

Nei rapporti di lavoro viene rispettata la dignità di una persona solo nei limiti cui viene rispettata la libertà contrattuale. Per quanto una persona possa ritenere insoddisfacenti le proprie particolari condizioni di lavoro, la sua dignità non sarà minimamente lesa se essa ha accettato quelle condizioni volontariamente, se è libera di interrompere il lavoro in ogni momento e se nella definizione di quelle condizioni non c’è stata alcuna forma di aggressione o di intruzione coercitiva. Continue reading

Quando Papa Bergoglio vaneggia di “più giusti salari”

GIOVANNI BIRINDELLI, 2.3.2015

(Pubblicazione originale: Miglioverde, eccezionalmente ripubblicato qui a causa di modifiche spedite in ritardo alla redazione di Miglioverde)

In un discorso in cui dimostrava di non sapere cos’è il denaro e in cui, come ogni bravo socialista (e quindi[1] come ogni cretino nel campo delle scienze sociali), predicava il «bene comune», Papa Bergoglio ha invitato i datori di lavoro a pagare «più giusti salari».

Ora, dai pochi sostenitori della libertà e dell’unico sistema economico con essa compatibile (il capitalismo) è spesso sostenuto che il concetto di salario “giusto” non ha, da un punto di vista della scienza economica, significato alcuno. Non sono necessariamente d’accordo. Continue reading

La libertà dello stato è incompatibile con la società libera

GIOVANNI BIRINDELLI, 31.12.2014

(Pubblicazione originale: Movimento Libertario, qui con alcuni errata corrige.

Questo articolo riprende in forma sintetica una proposta che, insieme a molti altri temi, è stata discussa nel recente dibattito con Novello Papafava e in un recente intervento)

Le ragioni in base alle quali per i dipendenti “pubblici” dovrebbero valere regole fortemente diverse rispetto ai lavoratori del settore privato sono ovvie. Esse derivano dalla diversità del processo attraverso il quale, nei due casi, il denaro finisce nelle tasche delle persone. Continue reading

Fornero, Massimo Fini e il ‘diritto al lavoro’ che non esiste

GIOVANNI BIRINDELLI, 10 July 2012

(Original publication: L’Indipendenza)

In un recente articolo Massimo Fini è partito dalla tesi che il ‘diritto al lavoro’ non esiste per arrivare a sollevare una specie di grido di dolore, o di disprezzo, verso la civilizzazione. Da una prospettiva liberale, la sua analisi è inaccettabile.
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Statali, diritto di voto e conflitto d’interessi

GIOVANNI BIRINDELLI, 28 March 2012

(original publication: L’Indipendenza)

Mi ricollego all’articolo di Leonardo Facco sugli statali per discutere alcune implicazioni politiche del problema. Il voto di uno statale e, più in generale, di chiunque a qualsiasi titolo riceva direttamente denaro “pubblico”, e cioè denaro privato sottratto ai legittimi proprietari dallo Stato con l’uso della forza, non ha la stessa valenza del voto di una persona che non riceve denaro “pubblico”.
Nel primo caso, infatti, a differenza di quanto accade nel secondo, c’è un conflitto d’interessi. Se una coalizione politica si candidasse alle elezioni con un programma di privatizzazioni, il voto dello statale potrebbe esprimere non la sua opinione sul programma di quella coalizione ma il suo interesse particolare e immediato. Continue reading

Riforma lavoro: licenziare è diventato un’altra tassa

GIOVANNI BIRINDELLI, 22 March 2012

(original publication: L’Indipendenza)

La riforma del mercato del lavoro che ha preso in questi giorni forma definitiva e che passa adesso al vaglio del parlamento è sintomo del moderno totalitarismo e, sia sul piano morale che su quello economico, essa non è meno illegittima, liberticida e economicamente fallimentare della situazione che intendeva riformare.
La situazione attuale del mercato del lavoro, quella che dovrebbe essere riformata dalla proposta del governo Monti, è naturalmente una roba da azzeccagarbugli. Tuttavia l’aspetto più critico è quello dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, in base al quale le imprese con un numero di dipendenti maggiore di 15 non possono licenziare i lavoratori per motivi economici. La sostanza della “riforma” Monti è che, per motivi economici e di organizzazione dell’azienda, le aziende potrebbero licenziare un certo numero di lavoratori ma dando loro un indennizzo pari a 17 – 25 mensilità. Inoltre, la riforma del mercato del lavoro si dovrebbe estendere a tutti i lavoratori, abolendo quindi la distinzione fra imprese con meno di 15 dipendenti (per le quali non valeva l’articolo 18) e le altre. Continue reading