GIOVANNI BIRINDELLI, 9.8.2016
Nel 1947 ci fu il primo incontro della Mont Pelerin Society organizzato da Hayek. Di quell’incontro Milton Friedman ricorda: «Nel bel mezzo di un dibattito sulla redistribuzione delle risorse nel quale c’erano persone che, come me, uno potrebbe difficilmente chiamare “socialista” o “egualitario”, Mises si alzò in piedi e disse: “siete tutti una banda di socialisti!” e uscì immediatamente dalla stanza [sbattendo la porta, mi piace immaginarmi, n.d.r.]» (*). Evidentemente quelle persone avevano difeso posizioni che erano logicamente incompatibili con le premesse della libertà, cioè dell’ideale da cui quella conferenza voleva partire per arginare l’avanzata del socialismo.
Sul piano intellettuale, se qualcuno, fra coloro che stanno dalla parte della libertà, sostiene la giustizia del furto, della redistribuzione delle risorse, l’utilitarismo, il ricorso alla coercizione in funzione di un arbitrariamente definito (e logicamente inesistente) “bene della società”, il sacrificio di innocenti per un bene superiore, una “metodologia” che consente di sostenere tutto e il suo contrario (e quindi l’arbitrarietà assoluta), lo stato democratico totalitario, (o se qualcuno difende chi sostiene queste cose), allora io trovo che egli stia ben oltre i limiti di quello a cui io ritengo utile partecipare.Trovo che stia difendendo posizioni logicamente incompatibili con le premesse della libertà (che magari è l’ideale che questa persona vuole difendere). Sul piano intellettuale (non su quello umano), di fronte a persone che fanno queste scelte, io non sono ecumenico (l’ecumenismo, come ricorda un amico, è il prendere il buono di ognuno): io prendo esempio da Mises. Mi alzo ed esco dalla stanza.
Purista? Rigido? Intollerante? Dal mio punto di vista, solo uno che cerca, all’interno dei suoi limiti, di essere coerente con le premesse logiche di base della libertà, per come la intendo io.
(*)