Bitcoin: la corazza del libero mercato nel settore del denaro

GIOVANNI BIRINDELLI, 4.3.2017

(Pubblicazione originale: Catallaxy Institute)

Intervento al convegno: “Bitcoin e Blockchain: il mondo parallelo” – Brescia, 4.3.2017

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1. Introduzione

In un recente, bellissimo articolo su Miglioverde, Guglielmo Piombini ha narrato la storia dei contadini cinesi che, negli anni ’60 del secolo scorso, segretamente crearono un sistema di mercato all’interno del sistema comunista in cui erano costretti a vivere. Piombini ha messo in evidenza che «Gli agricoltori non sfidarono apertamente le autorità, ma crearono dal basso un sistema migliore di quello esistente, e alla fine vinsero. Senza saperlo, applicarono alla perfezione il suggerimento di Buckminster Fuller [che è stato ripreso nella locandina di questo evento]: ‘Non cambierai mai le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, costruisci un modello nuovo che renda la realtà esistente obsoleta’».

Questo è esattamente quello che ha fatto Satoshi Nakamoto, chiunque egli sia, inventando Bitcoin. Egli non ha combattuto la realtà esistente (e vedremo oltre che i sistemi monetari esistenti sono disastrosi e perché). Ha costruito un modello nuovo, non conflittuale (anzi, anti-conflittuale: come lo è il mercato), che sta rendendo la realtà esistente obsoleta.

I punti chiave di questo modello nuovo (ma che è nato per difendere un processo antico) sono il fatto che Bitcoin è decentrato, incensurabile e pseudonimo (le transazioni sono perfettamente trasparenti e pubbliche ma con i necessari accorgimenti è possibile non sapere chi ci sia dietro un indirizzo Bitcoin). Queste caratteristiche sono rese possibili dalla blockchain, la piattaforma informatica che esperti di Bitcoin come Sergio de Prisco sono capaci di spiegare molto meglio di quanto possa fare io. Sommariamente, la blockchain può essere definita come un registro distribuito fra (e condiviso da) diversi soggetti e sul quale questi soggetti sono incentivati a trovare e a mantenere un consenso. Grazie a queste caratteristiche, e cioè al fatto di essere decentrato, incensurabile e pseudonimo, Bitcoin ha potuto reintrodurre il libero mercato nel settore del denaro dopo circa un secolo da quando è stato abolito il gold standard. (Quello che è stato abolito nel 1971 non era il gold standard ma il gold exchange standard. Il gold standard in Europa è stato abbandonato nel ’14 per finanziare la Prima Guerra con l’inflazione). Non a caso, si è trattato del secolo più sanguinario e atroce della storia dell’uomo.

Bitcoin può essere visto come la corazza del libero mercato nel settore del denaro.

Di questa corazza non ci sarebbe bisogno. Il libero mercato tradizionale (nel settore del denaro così come in ogni altro settore) funziona alla grande quando viene lasciato funzionare. Essenzialmente perché è l’unico sistema che consente di utilizzare una conoscenza relativa alle preferenze individuali che è dispersa capillarmente fra le persone e a cui nessuna autorità ha accesso.

Purtroppo, il libero mercato non viene lasciato funzionare. Di solito, oggi, esso viene impedito in modo parziale, nel senso che lo stato pone sempre più ostacoli, imposte, sussidi, rotture di scatole, ecc. ma lascia intatta almeno l’apparenza del processo concorrenziale. Nel settore del denaro, tuttavia, il libero mercato viene impedito in modo totale. Qui nemmeno l’apparenza viene preservata. Semplicemente, nel campo della moneta, il sistema adottato è di fatto quello sovietico. Un’organizzazione privilegiata detiene il monopolio legale del denaro. Protetta dalla violenza dello stato, varia arbitrariamente la sua quantità e di conseguenza il suo potere d’acquisto. E se il socialismo reale non funziona in generale, funziona ancora meno nel settore del denaro. Quando il potere politico decide arbitrariamente la quantità e il prezzo del grano, si hanno danni seri. Tuttavia, quando il potere politico (nel quale rientra quello delle autorità monetarie) decide arbitrariamente la quantità e il potere d’acquisto del mezzo di scambio, i danni sono sistemici.

Tutte le crisi economiche cicliche a cui assistiamo da quando sono state istituite le banche centrali (e che erano un fenomeno sconosciuto prima) sono il prodotto diretto della manipolazione monetaria e del credito da parte di queste ultime. In altri termini, esse sono il prodotto dell’assenza di libero mercato in generale e nel settore del denaro in particolare.

Perché il libero mercato nel settore del denaro possa tornare a funzionare e riportare il processo economico sulla strada della prosperità sostenibile, esso oggi ha bisogno di una corazza che lo protegga dall’aggressione statale. Nel settore del denaro (e forse in futuro anche in altri settori) Bitcoin è, appunto, questa corazza.

A proposito di Bitcoin, nella stampa mainstream si leggono sempre più spesso articoli a dir poco confusi. Questi articoli si distinguono generalmente per due caratteristiche:

1. chi li scrive non conosce la scienza economica e

2. non sa cos’è Bitcoin.

Per vaccinarsi contro la disinformazione prodotta da questi articoli è necessario non solo capire cos’è Bitcoin ma, prima ancora, anche avere alcuni elementi di teoria monetaria dalla prospettiva dell’unica scuola di pensiero che si occupa della scienza economica: la Scuola Austriaca di economia.

Le brevi, incomplete e intuitive considerazioni che farò di seguito in relazione alla teoria monetaria sembreranno una divagazione che nulla ha a che vedere con Bitcoin. Tuttavia, per capire Bitcoin (di cui comunque non sono un esperto) è necessario capire preliminarmente il contesto che lo ha prodotto. È quel contesto infatti che ha reso necessaria l’invenzione di Bitcoin. È l’aggressione che ha reso necessaria la corazza. E quel contesto non può essere capito senza avere alcuni elementi di base di teoria monetaria.

Questi elementi sono infatti indispensabili per capire la confusione (se non il vero e proprio inganno) che sta dietro a frasi come questa della Banca Centrale Europea: «Bitcoin è la più grande minaccia potenziale per la politica monetaria e la stabilità dei prezzi, per la stabilità finanziaria e la vigilanza prudenziale».

Una volta riassunti brevemente questi aspetti economici più generali, potremo passare a discutere alcuni aspetti specifici di Bitcoin.

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2. Il socialismo reale nel settore del denaro

Cominciamo col distinguere il denaro dal denaro fiat.

Il denaro è il bene (in senso lato) che il libero processo di mercato ha spontaneamente selezionato come il più commerciabile e grazie al quale ha potuto superare l’economia di baratto e così far crescere esponenzialmente gli scambi. Storicamente, grazie a una particolare combinazione di caratteristiche (non-deperibilità, scarsità, divisibilità, e altre), il bene che nei millenni il processo di mercato ha selezionato come denaro è l’oro e, in misura minore, l’argento.

Il denaro fiat, al contrario, è un pezzo di carta (oggi in gran parte digitale) che non è il prodotto del libero processo di mercato ma di un’imposizione coercitiva da parte di un’autorità.

Alla base del denaro ci sono quindi le libere scelte delle persone. Alla base del denaro fiat c’è la coercizione e l’arbitrio.

Il denaro e il denaro fiat sono opposti come lo sono il libero mercato e l’interventismo statale. Sono incompatibili come lo sono la Legge intesa come limite non arbitrario a ogni potere coercitivo (di cui il denaro è espressione) e la “legge” intesa come strumento di potere coercitivo arbitrario (di cui invece è espressione il denaro fiat).

A differenza del denaro fiat, il denaro non può essere stampato. Non può essere creato dal nulla. In questo senso, se c’è politica monetaria, non c’è denaro.

Per questo il gold standard è stato abbandonato. La macchina coercitiva statale per sua natura è portata a espandersi e a fare costosissime guerre. La disciplina imposta dal denaro gli rendeva più difficile farlo. Così chi controlla quella macchina ha sostituito il denaro con un pezzo di carta stampato e timbrato da un’autorità. La nascita della politica monetaria segna l’uscita di scena del denaro. Grazie a Bitcoin, il denaro rientra in scena. E alla grande. Ma andiamo con ordine.

Mi è capitato spesso di chiedere a coloro che difendono (o, peggio ancora, che accettano senza nemmeno mettere in discussione) l’attuale socialismo monetario quali fossero le loro ragioni contro il libero mercato nel settore del denaro. Non ho mai ricevuto una sola risposta che non fosse silenzio oppure un balbettio incoerente senza né capo né coda. La maggior parte dei testi economici (anche quelli cosiddetti ‘scientifici’) partono dal presupposto che il denaro debba essere di stato. Una volta messo in discussione razionalmente questo presupposto, si scopre che esso non ha ragione di esistere. D’altro canto, esistono ragioni solide come una roccia (sia etiche che economiche) a favore del libero mercato nel settore del denaro.

Le ragioni etiche sono ovvie e si basano sul principio di non aggressione. Se chiunque di noi facesse quello che fa lo stato quando impone coercitivamente l’uso del denaro fiat, finirebbe in galera. E giustamente.

Ma vediamo le ragioni economiche. Vediamo perché l’assenza di libero mercato nel settore del denaro produce crisi cicliche e progressivo declino di lungo periodo. Per capire queste ragioni, è fondamentale capire il concetto di tasso d’interesse, che viene comunemente e impropriamente definito come il “costo del denaro”.

Ripeto: questo è un tema difficile che sembra portare fuori strada. E me ne scuso. Tuttavia vi chiedo di avere pazienza per qualche minuto ancora. Tra poco vedremo perché questo è un aspetto necessario per vedere la disinformazione su Bitcoin fatta dalle banche centrali e dalla stampa economica mainstream.

La componente primaria del tasso d’interesse di mercato è costituita dalle preferenze temporali delle persone: cioè dalle loro preferenze fra tempo presente e tempo futuro (vale a dire fra consumo e risparmio). Queste preferenze sono note solo alle persone che le hanno. Minore è la preferenza delle persone per il tempo presente rispetto al tempo futuro, minori saranno i consumi, quindi maggiori saranno i risparmi, cioè le risorse a disposizione per gli investimenti economicamente sostenibili. Maggiori saranno queste risorse, minore sarà il prezzo che sarà necessario pagare per aggiudicarsele: il tasso d’interesse. Il tasso d’interesse di mercato è quindi il prezzo più importante in un’economia: esso è il prezzo del tempo. Incorporando le preferenze temporali di tutte le persone, il tasso d’interesse di mercato coordina risparmi e investimenti nel tempo, cioè rende economicamente sostenibile nel tempo il processo di mercato. In altri termini, utilizzando un’immagine impropria, il tasso d’interesse può essere visto come il grande direttore d’orchestra del processo di mercato. (L’immagine è impropria perché un’orchestra è un ordine positivo, caratterizzato da una gerarchia unitaria di fini stabilita dall’alto. Il libero mercato, al contrario, è un ordine spontaneo, caratterizzato dall’assenza di gerarchia unitaria di fini).

Un tasso d’interesse relativamente basso (segno di abbondanti risparmi e quindi di bassi consumi) consente di intraprendere progetti ambiziosi, a lungo termine, i quali richiedono e contribuiscono a generare una struttura produttiva lunga e articolata, cioè dove ci sono molti passaggi fra lo stadio iniziale delle materie prime e quello finale del consumo.

Viceversa, un tasso d’interesse relativamente alto (segno di scarsi risparmi e quindi di abbondanti consumi) riduce l’orizzonte temporale degli investimenti e genera una struttura produttiva più corta ed elementare.

In un caso così come nell’altro si ha crescita economica strutturale se ci sono investimenti netti (in altri termini, se c’è un livello di investimenti che sia maggiore di quello necessario a mantenere il valore della capacità produttiva esistente, altrimenti si avrebbe consumo di capitale) e se questi investimenti sono economicamente sostenibili nel tempo.

In assenza di politica monetaria, la condizione necessaria per la sostenibilità nel tempo degli investimenti è garantita dal direttore d’orchestra: il tasso d’interesse di mercato, che come abbiamo visto coordina gli investimenti e i risparmi nel tempo (e quindi le preferenze temporali delle persone).

In presenza di politica monetaria, tuttavia, e in particolare in presenza di politica monetaria espansiva (con tassi d’interesse artificialmente bassi), la sostenibilità nel tempo degli investimenti è tecnicamente impossibile. Per questo, da quando esistono le stampanti monetarie, assistiamo a crisi economiche cicliche.

Un tasso d’interesse artificialmente basso infatti incoraggia investimenti ambiziosi a lungo termine per i quali tuttavia non ci sono sufficienti risorse (cioè sufficienti risparmi). Quando questa insufficienza di risorse viene a galla (e prima o poi viene a galla per forza) si ha la crisi.

Naturalmente, chi controlla lo stato e la sua moneta tenterà di risolvere il problema con dosi ancora maggiori dello stesso veleno che lo ha prodotto. Cioè con maggiori ‘stimoli’, in particolare monetari. In questo modo, tuttavia, egli rinvia il problema a costi esponenzialmente sempre maggiori (che non sarà lui, purtroppo, a pagare).

Il barattolo tuttavia non può essere calciato all’infinto. Come ricorda Mises, «Il boom può durare solo finché l’espansione del credito prosegue a un ritmo sempre più accelerato. Il boom si ferma nel momento in cui quantità addizionali di mezzi fiduciari non sono più gettate sul mercato del credito. Ma non può durare per sempre, anche nel caso in cui l’inflazione e l’espansione del credito proseguissero all’infinito. In questo caso incontrerebbe le barriere che impediscono l’espansione senza limiti del credito in circolazione. In particolare, porterebbe al crack-up boom e al collasso dell’intero sistema monetario.»

Su un piano più generale, le banche centrali hanno il compito di sostituirsi al direttore d’orchestra. Esse tuttavia non possono tecnicamente riuscirci perché non hanno la conoscenza rilevante: esse non sanno quali sono, in ogni momento e luogo, le preferenze temporali di ogni individuo. Solo il tasso d’interesse di mercato lo sa. Solo lui può essere il direttore d’orchestra.

Le crisi economiche cicliche e il progressivo declino economico sono quindi il risultato della politica monetaria in generale e di quella espansiva in particolare. Ma la politica monetaria in generale e quella espansiva in particolare non sarebbero possibili senza il socialismo monetario, cioè senza il controllo diretto e monopolistico dello stato sul denaro. Esse infatti richiedono un aumento continuo e crescente della quantità di denaro il che tende a ridurne continuamente il potere d’acquisto. E fra una moneta che perde il suo potere d’acquisto nel tempo e una che lo aumenta, alzi la mano chi sceglierebbe la prima se avesse la possibilità di scegliere. Per questo lo stato non dà possibilità di scegliere.

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3. La propaganda di regime contro Bitcoin

Una volta chiarito in modo intuitivo e approssimativo cosa sta dietro alle “politiche monetarie” e quali sono gli effetti che esse producono, andiamo a leggere alcuni passaggi di quegli articoli a dir poco confusi che, specie sui giornali sedicenti economici, fanno sempre più disinformazione sistematica su Bitcoin e sui sistemi monetari.

Uno di questi articoli, apparso di recente su Il Sole 24 Ore sostiene che: «Il rischio concreto delle istituzioni monetarie è perdere [a causa di Bitcoin] il controllo su emissione, circolazione e valore della moneta».

Grazie alla lunga digressione fatta prima sul tasso d’interesse e sulle politiche monetarie, adesso sappiamo che il “controllo su emissione, circolazione e valore della moneta” da parte delle banche centrali (in altri termini, il socialismo monetario) è il problema che Bitcoin ha iniziato a risolvere in modo pacifico, non è la cura che Bitcoin mette a rischio.

L’articolo prosegue citando la Banca Centrale Europea che definisce Bitcoin come «la più grande minaccia potenziale per la politica monetaria e la stabilità dei prezzi, per la stabilità finanziaria e la vigilanza prudenziale».

In primo luogo, sempre grazie alla digressione di cui sopra, adesso sappiamo che la politica monetaria non è ciò che produce crescita o che crea le condizioni favorevoli per la crescita, ma ciò che necessariamente genera distorsioni della struttura produttiva e di conseguenza crisi economiche cicliche. Naturalmente non si può chiedere a una banca centrale di riconoscere questo fatto. Sarebbe come chiedere al direttore della RAI di riconoscere il fatto che la RAI non dovrebbe esistere. Tuttavia, quando si legge questa roba su un giornale, è bene ricordare che, come dice giustamente Andreas Antonopoulos «Gli stati stanno prendendo in ostaggio l’intera popolazione chiudendola a chiave in una moneta che sta affondando. Bitcoin sta liberando gli ostaggi».

In secondo luogo, quella che viene chiamata “stabilità dei prezzi” è la continua e progressiva perdita del potere d’acquisto del denaro. Fra il 1913, anno in cui è stata fondata la Federal Reserve, e oggi, il dollaro statunitense per esempio ha perso circa il 99% del suo potere d’acquisto. Alla faccia della stabilità monetaria.

In ogni caso, la stabilità dei prezzi non è un valore in sé. Il libero mercato è un processo che si autocorregge. E uno dei modi in cui lo fa è la variazione dei prezzi (in un senso o nell’altro, per un bene o servizio o per un altro). La cosiddetta “stabilità dei prezzi” imposta con la politica monetaria impedisce questa autocorrezione e quindi trasforma un semplice raffreddore in una broncopolmonite.

In terzo luogo, quella che viene chiamata “stabilità finanziaria” è il susseguirsi e accavallarsi di crisi economiche cicliche come quella del ’29 o quella del 2008. Alla faccia della stabilità finanziaria.

In quarto luogo, quella che viene chiamata “vigilanza prudenziale” è lo stato di sorveglianza monetario. Questo è già tremendo in sé. Tuttavia, quando si costruisce una stanza dei bottoni da cui si può controllare sempre più nel dettaglio ogni aspetto della vita delle persone, occorre anche chiedersi: «e se di quella stanza prendesse il controllo la persona sbagliata?». Forse lo ha già preso, perché la persona sbagliata è anche quella che costruisce quella stanza.

L’articolo prosegue citando la BCE: «“Bitcoin funziona senza un’istanza di controllo centralizzata quale una banca centrale: da una punto di vista giuridico, quindi, non è considerata una moneta”. O almeno, non lo è per i modelli tradizionali di sistema monetario».

Qui la banca centrale e il giornalista che diligentemente e acriticamente ne riporta il messaggio trascurano il fatto che per millenni il denaro ha funzionato senza “un’istanza di controllo centralizzata quale una banca centrale”. Evidentemente essi ritengono che prima delle banche centrali il denaro non esistesse o che esistesse al di fuori del diritto. Come abbiamo visto, è vero l’esatto inverso: è stata proprio l’introduzione delle banche centrali ad aver eliminato dalla scena il denaro sostituendolo col denaro fiat.

L’articolo del vicedirettore de Il Sole 24 Ore prosegue su questa china con una serie di castronate che francamente sono troppo numerose per essere discusse e forse non meritano di esserlo.

Il punto che volevo sottolineare è questo. Da una parte c’è lo stato, ci sono le banche centrali, c’è la stampa mainstream. Dall’altra parte c’è la Scuola Austriaca di economia, c’è la logica e c’è Bitcoin. Noi siamo stati indottrinati a pensare che lo stato ci protegga dal crimine, che le banche centrali ci proteggano dalla crisi economica e che la stampa economica mainstream produca informazione economica. Se iniziamo a ragionare in modo elementare e logico, cioè se partiamo dal principio di non aggressione e dalla soggettività del valore stando attenti a non entrare in contraddizione, allora scopriamo che la macchina coercitiva statale non ci protegge dal crimine, è il crimine: nel senso che in molti casi gli stati commettono azioni che se compisse una persona qualunque essi stessi considererebbero dei crimini. Scopriamo che le banche centrali non ci proteggono dalla crisi economica: attraverso la manipolazione monetaria e del credito la producono. E scopriamo che la stampa economica mainstream non fa sempre informazione economica. A volte, e spesso nei confronti di Bitcoin (e quasi sempre su questioni che hanno a che vedere col sistema monetario e bancario), fa disinformazione economica. Essa generalmente non conosce la Scuola Austriaca di economia e quindi parte da presupposti anti-scientifici, quelli che fanno comodo a chi ottiene risorse in modo politico (cioè coercitivo) invece che in modo economico (cioè attraverso il libero scambio).

Bitcoin ha e continuerà ad avere la peggiore pubblicità possibile da parte dello stato, delle sue agenzie e di chi ne gestisce la propaganda. Verrà sempre più definita come la moneta dei terroristi e dei mafiosi. Naturalmente, non possiamo escludere che qualche terrorista e qualche mafioso usi Bitcoin, allo stesso modo in cui non possiamo escludere che usi euro, dollari, un computer della marca X, un telefono della marca Y, una passata di pomodoro della marca Z. Quello che possiamo escludere con certezza, tuttavia, è che il denaro fiat sia un denaro onesto ed economicamente sano (infatti ha bisogno di essere imposto con la forza). E possiamo escludere questo con la stessa certezza con cui possiamo affermare che Bitcoin è un denaro onesto (cioè di mercato) ed economicamente sano (chi lo usa lo fa perché gli conviene, non perché è obbligato a usarlo).

Questo straordinario sforzo propagandistico è in realtà un buon segno. È segno che i pianificatori e i loro portavoce sono preoccupati. E in effetti hanno ragione a esserlo. Il libero mercato nel settore del denaro è tornato, e questa volta è corazzato. E non è una corazza facile da penetrare. Perché non c’è nessuno da colpire.

Tuttavia non è una corazza impenetrabile. Niente al mondo è impenetrabile. Ma è una corazza davvero forte, altrimenti non avrebbe resistito tutti questi anni contro hackers e governi. È la corazza per il libero mercato nel settore del denaro di gran lunga più forte che fino a oggi sia mai stata inventata.

Contrariamente a quello che si legge spesso sulla stampa (anche nell’articolo citato), Bitcoin non è una “bolla speculativa”. La “bolla speculativa” è l’aumento del prezzo di qualcosa sulla base di nulla: quando il nulla viene a galla, la bolla si sgonfia perché deve sgonfiarsi. Bitcoin ha alla base le preferenze delle persone, le loro scelte, le loro azioni responsabili. Ha alla base un’idea, una visione, e una funzione. È un esperimento che può fallire in diversi modi e per diverse ragioni. Tuttavia, al contrario di una “bolla speculativa” (come quelle che sono generate dalla politica monetaria espansiva delle banche centrali), non deve necessariaçmenteiamente fallire. E in effetti sta vincendo.

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4. Bitcoin: aspetti economici specifici

Una volta chiariti sommariamente alcuni aspetti generali relativi a Bitcoin (e in particolare relativi al contesto economico e monetario che ne ha reso necessaria l’invenzione), vediamo alcuni aspetti specifici che spesso generano dubbi o confusione.

In primo luogo, il fatto che Bitcoin sia una non-cosa disturba diverse persone. «A differenza dell’oro, Bitcoin non ha valore intrinseco» esse dicono. La teoria economica, tuttavia, ci dice che il “valore intrinseco” non esiste. Il valore non sta nelle cose, ma nelle persone: nella loro disponibilità a rinunciare a qualcosa di loro proprietà per avere qualcos’altro. Quindi qualsiasi cosa o non-cosa può essere un bene economico. Come già nel 1871 spiegava Carl Menger, il padre della Scuola Austriaca di economia, «nell’esposizione scientifica si è fatto sentire il bisogno di una definizione [di merci] valida per tutti i beni economici destinati allo scambio, senza tener conto della loro materialità e mobilità, del loro carattere di prodotti del lavoro, o delle persone che li offrono […] Dal suddetto concetto di merce nel senso scientifico del termine, è contemporaneamente evidente che il carattere di merce non è qualcosa di insito nel bene, né una sua qualità, ma soltanto un particolare suo rapporto con la persona che ne dispone.» Dal che se ne deduce che se Tizio è disposto a spendere 1200 euro per 1 Bitcoin, allora Bitcoin, anche se è una non-cosa, è una merce.

In secondo luogo, quello che disturba molte persone è il fatto che la quantità di Bitcoin sia fissa. «Una quantità fissa di denaro non funziona. La quantità di denaro deve aumentare all’aumentare degli scambi, della popolazione, della produttività o di un qualche altro fattore» esse dicono. La teoria economica, tuttavia, ci dice che, purché sia sufficientemente divisibile, ogni quantità fissa di denaro è ottimale. Semplicemente, se aumenta la domanda di denaro e l’offerta rimane fissa, aumenta il prezzo, cioè il potere d’acquisto del denaro. E nonostante la continua propaganda a favore dell’inflazione e della perdita del potere d’acquisto del denaro, il fatto che i prezzi diminuiscano è segno che l’economia è sulla buona strada (ed è ciò che l’aiuta a rimettersi sulla buona strada quando prende quella sbagliata). Nelle parole del grande econmista Murray Rothbard, «Qualunque quantità di moneta [è] egualmente ottimale. In breve, non ha importanza quale sia l’offerta monetaria: qualsivoglia quantità M è adeguata a svolgere la propria funzione di scambio. […] Il problema della giusta quantità di moneta non è affatto un problema.»

In terzo luogo, molte persone sono disturbate dal fatto che, a causa della volatilità del suo prezzo, Bitcoin non possa fungere da unità di conto. «Se Bitcoin non può essere unità di conto, allora non può essere denaro» esse dicono. Questo a mio avviso è un grosso errore. Bitcoin non è nato infatti con l’obiettivo di sostituire il denaro fiat, ma di affiancarsi a esso senza sostituirlo. Il denaro fiat è l’ambiente monetario a cui Bitcoin è stato progettato per adattarsi, almeno nel futuro prevedibile. Quindi è del tutto normale che Bitcoin sfrutti questo ambiente a suo vantaggio. Uno dei modi in cui lo fa è appunto utilizzando il denaro fiat (che in questa fase è meno volatile) come unità di conto. Stasera pagheremo la cena in Bitcoin ma in base a prezzi fissati in euro. Nessun problema.

La volatilità del prezzo di Bitcoin naturalmente è favorita dal fatto che l’attuale capitalizzazione di Bitcoin (circa 20 miliardi di dollari), nonostante il suo aumento impressionante, è ancora relativamente minuscola. Per avere dei termini di paragone, Google vale 588 miliardi e la capitalizzazione dell’oro, che molti vedono come obiettivo per Bitcoin, è di circa 7,4 trilioni.

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5. Conclusioni: La corazza del libero mercato nel settore della legge

Avviandomi alla conclusione di questo intervento, faccio un breve cenno a una questione più ampia di cui quella monetaria è parte. Mi riferisco alla questione della legge.

Come abbiamo visto, Bitcoin è la corazza del libero mercato nel settore particolare e importantissimo del denaro. Il libero mercato, tuttavia, riguarda tutto il sistema economico, non solo il settore del denaro. E tutto quello che sta al di fuori della corazza Bitcoin (inclusi gli exchanges tradizionali, quelli centralizzati: si veda quello che sta accadendo in Cina) è aperto alle scorribande fiscali e regolamentative della macchina coercitiva statale. Uber non è che un esempio fra tanti.

Il problema non è il fatto che ci siano queste scorribande. Il problema è il fatto che esse sono legali, cioè che esse sono protette dalla ‘legge’. In altri termini, il problema è che oggi la ‘legge’ è la decisione arbitraria dell’aggressore invece che il principio che vieta ogni aggressione. In altri termini ancora, il problema è che, grazie a quella particolare idea filosofica di legge che oggi sta alla base di tutte le macchine coercitive statali e che ne consente la continua espansione (il positivismo giuridico), lo stato e le sue agenzie possono compiere legalmente azioni che se compisse una persona qualunque sarebbero generalmente considerate dei crimini.

Come ha osservato Bruno Leoni, «nessun libero mercato è veramente compatibile con un processo di legislazione centralizzato da parte delle autorità». Questo vuol dire che finché la legge è la decisione arbitraria di un’autorità, invece che il limite non arbitrario a ogni sua decisione, il libero mercato è tecnicamente impossibile. Per introdurlo, è necessario cambiare l’idea astratta di legge: passare dalla legge di stato alla legge di mercato, cioè al principio di non aggressione. E su come produrre questa transizione io credo che Bitcoin, la moneta decentrata, abbia molto da insegnare.

Dopotutto, la Legge e il denaro hanno moltissimo in comune. Essi sono infatti entrambi ordini spontanei: frutto dell’azione delle persone (cioè di uno spontaneo e disperso processo di selezione: di regole nel caso della legge e di beni nel caso del denaro) ma del disegno di nessuno.

In sintesi: se Bitcoin sta funzionando per il ripristino dell’ordine spontaneo nel settore del denaro, una cosa simile non potrebbe funzionare anche per il ripristino dell’ordine spontaneo nel settore della Legge? In altri termini: se una moneta non solo di mercato ma decentrata, incensurabile, ideologicamente neutra e che si affianca alla moneta di stato senza sostituirla ma anzi sfruttandola a proprio favore sta vincendo contro quest’ultima, è possibile che un processo legislativo non solo di mercato ma decentrato, incensurabile, ideologicamente neutro e che si affianchi alla legislazione di stato senza sostituirla ma anzi sfruttandola a proprio favore possa vincere contro quest’ultima, e così introdurre il libero mercato?

Mediante un processo che richiederebbe il suo tempo (così come il successo di Bitcoin lo sta richiedendo), io credo di si.

Diversi anni fa, prima di conoscere Bitcoin, ebbi un’idea un po’ bizzarra per facilitare la transizione dalla legge positiva (o fiat) alla Legge e per farlo sfruttando il processo di mercato. Quando venni a conoscenza di Bitcoin, scoprii che la mia idea (che qui per semplicità chiamerò “legislazione decentrata”) aveva alcuni importanti punti in comune con la crittomoneta.

Fabrizio Tonelli, che ha contribuito all’organizzazione di questo evento, mi ha chiesto di esporre le linee essenziali di questa idea. Di questo lo ringrazio. Purtroppo qui non è possibile illustrarla: sia per mancanza di tempo sia perché la sua presentazione mi porterebbe davvero fuori tema questa volta (chi fosse interessato ne può trovare una versione sintetica qui:

https://catallaxyinstitute.wordpress.com/2016/10/31/una-strategia-per-la-liberta-versione-sintetica/  ).

Tuttavia posso fare un rapido cenno ad alcuni punti che quell’idea ha in comune con Bitcoin. Questo è anche un modo per ricapitolare, in chiusura, alcune delle ragioni principali per cui Bitcoin sta vincendo.

Il primo aspetto che la “legislazione decentrata” ha in comune con Bitcoin è il fatto che non è pensata per combattere la realtà esistente, ma per costruire un modello nuovo che renda la realtà esistente obsoleta. Come Bitcoin non sostituisce il denaro fiat ma si affianca a esso sfruttandolo a proprio vantaggio, così la “legislazione decentrata” prevede un processo di legislazione informale che non si sostituisca a quello formale ma che si affianchi a esso sfruttandolo a proprio vantaggio. In particolare, creando una struttura di incentivi affinché, mediante un processo di mercato, le persone usino il positivismo giuridico (la “legge” fiat) contro sé stesso e in difesa del principio di non aggressione. Il più grande punto di forza della “legge” fiat, infatti (il fatto che essa può essere qualunque cosa), è anche il suo più grande punto di debolezza: essa può essere infatti rivolta contro sé stessa (cosa che è impossibile, naturalmente, nel caso della Legge, cioè del principio di non aggressione).

Inoltre, come Bitcoin, la “legislazione decentrata” è appunto decentrata, incensurabile e può essere pseudonima.

Un altro punto in comune è la neutralità ideologica. Una delle ragioni per cui Bitcoin sta vincendo è che le persone non usano questa moneta perché sono ideologicamente a favore del libero mercato nel settore del denaro, ma perché conviene loro. Perché consente loro di difendersi dalla perdita di potere d’acquisto del denaro fiat, dai prelievi forzosi, dai blocchi dei conti correnti, dai saccheggi degli stessi per salvare le banche che hanno prestato denaro che non avevano, ecc. La stessa cosa avverrebbe nel caso della “legislazione decentrata”: sebbene, come Bitcoin, essa sia strutturalmente ideologica (nel senso che si basa su un sistema coerente di pensiero), sulla superficie è ideologicamente neutra. Le persone userebbero il sistema per convenienza, non per altri motivi. Tuttavia, usandolo per risolvere i loro problemi particolari, senza volerlo contribuirebbero (a loro spese) alla difesa della Legge, cioè del principio di non aggressione. E come abbiamo visto la difesa di quel principio è la condizione necessaria per il libero mercato, e quindi per la prosperità sostenibile.

Bitcoin è un’efficace difesa del principio di non aggressione nel settore del denaro. Ma quel principio ha bisogno di essere difeso ovunque. E Bitcoin ha segnato la strada da percorrere.

Grazie.

2 thoughts on “Bitcoin: la corazza del libero mercato nel settore del denaro

  1. Eleonora March 9, 2017 / 9:04 am

    Grazie!

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